New generation:”Un raggio di luce sulla Santa Devote”

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Quando si corre a Monaco, sole o pioggia che sia, i veri valori in campo si vedono sempre. Bruno Senna, molte volte criticato dalla stampa per le sue prestazioni altalenanti, ha dato prova sul circuito monegasco che lui è in quella serie non per il suo cognome ma per il talento.

Riuscito a partire come un funambolo scalzando Maldonado sin dalla partenza, il paulista ha saputo resistere alla rabbia, pressione e chi più ne ha più ne metta, sempre preciso e alla fine, con un salto dalla sua monoposto, è entrato nell’olimpo dei campioni. Bè, dire questa parola non è un’offesa e può sembrare anche una profanazione, ma non possiamo neanche dimenticare Bruno Senna, nipote del grande Ayrton e che ha sempre sognato emulare le sue gesta. Era piccolo, appena 10 anni quando suo zio vinse per l’ultima volta a Monaco, nel 93 con la Mclaren, ma lui era già nei go-kart a spassarsela. Era talmente innamorato di questo sport che cercò di intraprendere una carriera nel vero senso della parola ma vuoi la morte di Ayrton nel 94, vuoi il parere contrario di sua madre Viviane, al piccolo Bruno gli vennee imposto di mollare tutto e di aiutare i suoi genitori, ma alla fine, dopo tanti sforzi, la passione di Bruno divenne talmente grande che si gettò definitivamente nel pericoloso mondo del motorsport, che portò via suo zio. Non aveva le basi adatte per poter sfondare ma non si curò di nulla e dimostrò di avere tanto talento, infatti nel 2005 con la F.Bmw raccolse ottimi risultati che convinse il team di Raikkonen a prenderlo nella f3 britannica. Era il 2006, praticamente due anni fa, e il giovane brasiliano seppe stupire tutti quanti per il suo veloce adattamento a quella monoposto che seppur non era il massimo, era difficile da guidare ma l’approccio fu sensazionale. Ebbe si alti e bassi ma alla fine, dopo una stagione che lo consacrò definitivamente, concluse in terza posizione regalando soddisfazioni e ben 4 vittorie, specialmente una sul bagnato ad Oulton Park. L’Arden, appoggiata dalla Red Bull, ne rimane affascinata da questo prodigio dal cognome pesante che rievoca momenti storici straordinari. Il 2007 doveva essere l’anno della svolta per lui, supportato da sponsor di alto livello e da una monoposto competitiva, ma Senna non stupisce appieno ma almeno si fa vedere, compiendo a volte gare di buon livello come in Spagna, dove riuscì addirittura a vincere la feature race. La sua guida aggressiva e senza pensieri lo portano alla ribalta e nel 2008 viene chiamato dall’Isport, per correre sia la Gp2 Asia e la stagione europea. Nella serie asiatica scompare, è ombra di se stesso e non riesce a combinare nulla. Tutti si iniziano a chiedere se Bruno è davvero un campione come si dice oppure solo un fuoco di paglia, aiutato da quel cognome cosi pesante che è un macigno già di suo. Critiche su critiche che avanzano ma appena inizia la stagione europea, il brasiliano si adatta subito alle nuove Dallara e si prende anche un meritato podio a Barcellona e la vittoria ultracitata di Monaco. Sono sicuro che la storia di questo giovane ragazzo non finirà qui e sono altrettanto sicuro che la F1 è alla sua portata, magari regalandoci almeno una minima parte dello spettacolo che ci offrì per lunghi anni il grandissimo Ayrton.

Stefano Chinappi

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