La storia dei circuiti – L’inferno d’acqua di Spa-Francorchamps

spa70_eaurouge_small1 La storia dei circuiti - L'inferno d'acqua di Spa-Francorchamps

Con un trascorso storico di quasi novant’anni, il tracciato belga di Spa-Francorchamps può sicuramente essere annoverato fra i cinque circuiti europei più carichi di fascino e blasone, contendendo alla Nordschleife dell’Eifel la palma del più difficile e selettivo.

Le radici dell’autodromo di Spa-Francorchamps, che in realtà andrebbe chiamato Circuit de Francorchamps in quanto Spa non viene toccata dal tracciato, affondano negli anni immediatamente seguenti la fine della Prima Guerra Mondiale, periodo durante il quale la nazione belga, ed in particolare la regione della Wallonie, iniziava un processo di crescita economica che portò ad aumentare  in modo considerevole l’importanza delle officine meccaniche dedicate alle automobili ed alle motociclette sportive. La crescente produzione di telai e di carrozzerie dedite ad ospitare le meccaniche dei produttori francesi ed italiani, unita al desiderio della popolazione belga di approcciarsi con questi rumorosi ed affascinanti accrocchi meccanici, portò i responsabili della motorizzazione della regione delle Ardenne ad ipotizzare la realizzazione di un complesso stradale in grado di unire i principali centri della zona e, nello stesso tempo, capace di ospitare competizioni motoristiche per automobili e motociclette.

Dopo molteplici ipotesi e numerosi diverbi fra i rappresentanti dei vari paesi, nel 1921 venne presa la decisione definitiva, individuando nelle colline comprese fra Francorchamps, Malmedy e Stavelot la zona destinata alla realizzazione del sogno di un’intera regione. Unendo mediante un tracciato stradale notevolmente largo per l’epoca i tre paesi, si ottenne un tracciato di forma vagamente triangolare lungo circa 14 chilometri e 800 metri. Dopo essere stato aperto alla normale circolazione stradale, nel 1924 si disputò la prima edizione del “Grand Prix de Belgique”, dando così inizio alla leggenda che dura ancora oggi.

Il tracciato belga divenne famoso sin dalle primissime battute agli addetti ai lavori, in quanto gli ideatori avevano cercato, riuscendoci pienamente, di unire velocità di punta notevoli con curve di difficile percorrenza, facilitati nel compito dalla conformazione delle colline, che garantivano continue variazioni della pendenza della sede stradale.

Immaginando di percorrere lo stradale nella sua prima versione, la linea della partenza e del traguardo era posizionata nella discesa che collega il tornante de La Source con la salita dell’Eau Rouge che, nei  primi anni, non era ancora accoppiata al celeberrimo Raidillon. Scollinata l’Eau Rouge si proseguiva sul rettilineo in falsopiano del Kemmel fino a raggiungere il curvone sinistrorso a Les Combes, punto che segna il confine fra il vecchio circuito e la nuova versione accorciata ideata alla fine degli anni Settanta. Terminato il curvone di Les Combes si affrontava il rettilineo in salita dell’Haut de la Cote che portava alle curve in sequenza, tutte sinistrorse, di Burneville e Malmedy, dai nomi delle località toccate dalla pista; l’affrontare in modo veloce queste difficili curve era di fondamentale importanza, in quanto seguite dal lungo rettilineo che portava all’angusta variante di Masta, celebre per i numerosi anedotti raccontati dai piloti nel corso degli anni.

Se si usciva indenni dalla “tagliola” di Masta, un altro rettilineo in falsopiano attendeva le vetture, per condurle ad alta velocità al curvone verso destra di Stavelot, piega ad ampio raggio che esaltava il coraggio dei piloti; la Stavelot andava affrontata con un ritmo elevato per non perdere velocità in funzione del tratto mistilineo di Le Carriere che seguiva, lungo oltre tre chilometri e culminante con il curvone sinistrorso di Blanchimont, punto dove sfocia il circuito accorciato utilizzato nei tempi moderni. All’epoca il curvone di Blanchimont era una prova di coraggio non indifferente, a causa di una sede stradale sconnessa che scoraggiava i piloti a tenere il piede destro incollato al pavimento. Uscendo bene da Blanchimont era così possibile ragiungere la massima velocità possibile in vista della frenata de La Source,in quanto non era ancora prevista la variante dell’ Arret du bus.

Negli anni alcune modifiche sono state apportate per migliorare la spettacolarità della pista ardennese, fra le quali vanno sicuramente annoverate l’ampliamento del raggio di curvatura nel tratto dell’Ancienne Douane e la creazione del complesso Eau Rouge-Raidillon. Quella che è divenuta negli anni la doppia curva più famosa al mondo, venne concepita negli anni Quaranta creando un dosso artificiale qualche centinaio di metri prima che il terreno assumesse la conformazione del falsopiano in salita del Kemmel, così facendo, le auto provenienti ad alta velocità dalla discesa seguente il tornante de La Source si trovavano ad affrontare una curva verso sinistra nel punto altimetricamente più basso, l’Eau Rouge, seguita immediatamente da una piega destrorsa in piena salita, il Raidillon. Questo complesso di curve ad alta velocità viene ancora oggi esaltato dalla compressione che subiscono le vetture dovuta al cambio di pendenza, che genera una grande sofferenza alla meccanica delle sospensioni ed alle ruote. Immaginando noi comuni mortali di trovarsi al volante delle vetture di cinquanta o sessanta anni fa è facile comprendere la difficoltà ed il coraggio necessari a tenere l’acceleratore a fondo.

La velocità sempre crescente delle vetture, sia di Formula 1 che delle categorie Endurance della celebre “24 Heures de Spa”, il cui record appartiene alla Matra di Henri Pescarolo con 3′ 13” e 4 nel 1973, ha portato, assieme ai problemi politici derivanti dalla preferenza in quegli anni dei circuiti belgi di Nivelles e Zolder, alla decisione di ideare una nuova confomazione del tracciato vallone, più corta per garantire una miglior celerità nei soccorsi ma che nello stesso tempo non perdesse le caratteristiche di velocità e coraggio dell'”Ancien circuit de Francorchamps”.

eau_rouge_19971 La storia dei circuiti - L'inferno d'acqua di Spa-Francorchamps 

Nel 1979, dopo aver visto le vetture circolare sul vecchio stradale fino all’anno precedente, vennero ultimati i lavori di ristrutturazione della sede stradale, ora più larga e lunga circa 7 chilometri (variabile di anno in anno per le numerose piccole modifiche apportate negli anni a seguire), cioè poco meno della metà del vecchio circuito. La nuova conformazione della pista, ipotizzando di percorrerla sempre dalla vecchia linea di partenza sul rettilineo dopo La Source, segue fedelmente la “sorella anziana” passando per l’Eau Rouge-Raidillon e per il rettilineo del Kemmel. Alla fine di questo tratto le due piste si dividono, infatti a Les Combes l’attuale percorso curva verso destra per una serie di tre curve da media velocità in sequenza, terminante con il tornante ad ampio raggio del Rivage. All’uscita del Rivage si imbocca un breve rettilineo che porta alla curva sinistrorsa ad angolo retto denominata Bruxelles, la quale immette sul rettifilo che conduce al curvone sinistrorso di Pouhon, ancora oggi notevolmente complesso da affrontare per la pendenza della sede stradale. Oltre Pouhon le vetture procedono su un breve rettilineo fino alla serie di curve sequenziali a Fagnes, oltre le quali la pista si immette nuovamente nel vecchio tracciato all’altezza dell’abitato di Stavelot. Nel tratto finale che riconduce a La Source, fermo restando lo spettacolare curvone di Blanchimont, le novità maggiori riguardano la zona immediatamente precedente La Source, con la creazione dei nuovi garages per la Formula 1 e l’inserzione della chicane dell’Arret du bus, erroneamente conosciuta con il nome inglese di Bus Stop.

I tempi cambiano, dal 2004 la pista è divenuta un autodromo permanente, le auto sono sempre più veloci ed asettiche, ma il fascino che permea l’ambiente collinoso e malinconico delle Ardenne rimane intatto, con la continua alternanza di pioggia, sole e nuvole che rendono le gare spesse volte più imprevedibili di un terno al lotto, quasi fosse un monito ai munifici architetti che oggigiorno creano piste senza anima in contesti di dubbia tradizione automobilistica.

Certo, oggi  non si può più vedere a Burneville la vecchietta che attraversava la pista per gettare le immondizie o non si passa più tra i pittoreschi borghi tagliati in due dal vecchio tracciato, intrisi dei profumi delle brasserie, però il solo fatto che la gara belga sia da tutti la più attesa della stagione della massima serie, e spesse volte pure la più bella, dovrebbe continuare a rendere orgogliosi gli abitanti del magico triangolo Francorchamps, Malmedy e Stavelot.

            Jona Ceciliot

Share this content:

Lascia un commento