Il tempo di morire.

lenz Il tempo di morire.

Di fronte alla morte niente sembra avere senso. Quando, poi, la fatalità riguarda un ragazzino di appena tredici anni, c’è da fermarsi e riflettere. In questi giorni, seguenti alla tragica scomparsa di Peter Lenz, è opinione quasi unanime che a quell’età si è troppo giovani per correre. La “frettolosa” levata di scudi dei media sui babypiloti, forte dello shock dell’incidente di Indianapolis, maschera (forse inconsapevolmente), una certa ipocrisia sull’argomento motorsport. Per come è stato raccontato l’incidente -sarebbe- la giovane età del pilota la causa e non la fatalità del cosidetto cruel sport. Gli stessi media ingordi di piccoli fenomeni da sparare in prima pagina, ora nella disgrazia fanno i severi moralisti. Vi ricordate la notizia del pilota 11enne, Lance Stroll, messo sotto contratto dalla Ferrari? I campioni attuali Stoner, Pedrosa, Lorenzo hanno tutti esordito nel mondiale giovanissimi. Nel mondiale 125 si può debuttare a 14 anni e nessuno si è mai lamentato. Per quanto “bambini” questi pilotini hanno un’ esperienza di gare davvero pluriennale. Iniziano a 4 anni con le minimoto e già a 12 sono sulle miniGP. Peter non era uno sprovveduto, era il capo classifica del trofeo Moriwaki. Un sicuro talento. Quante volte abbiamo visto in TV le immagini di un piccolo Valentino Rossi alle prese con una moto da cross o a sgommare con un kart truccato dal padre? Tutti ad applaudire e a dire che già si intravedeva l’immenso talento del pilota di Tavullia. Nessuno si è mai indignato o ha fatto notare l’incoscienza del padre a permettergli quelle evoluzioni così pericolose. Gli sport motoristici sono pericolosi. L’età dei piloti non è mai la causa scatenante. Ecco il punto è questo. Se succede la disgrazia, la colpa è dei genitori. Se diventano fenomeni, ci si scorda in fretta del loro precoce percorso agonistico. La Federazione Motociclistica vorrebbe alzare l’età minima per correre nel mondiale a 16 anni. Sarebbe positivo non mettere fretta agli aspiranti campioni rispettando i loro giusti tempi biologici. E’ necessario, però, sottolineare la colpevole leggerezza della commissione medica della federazione nel concedere il nullaosta a scendere in pista a piloti in condizione di salute precaria. Gli esempi negativi possono essere a centinaia. Nell’ultima gara sono stati autorizzati a correre lo zoppicante De Puniet, il pluricontuso Iannone e il febbricitante Elias. Un pilota non al top fisicamente può essere pericoloso per se e per gli altri. E’ su questa questione che bisognerebbe indignarsi. Sono queste le vere situazioni di pericolo. Invece tutti, dai piloti alla FIM, mettono la testa sotto la sabbia…e fortunatamente finora nessuno si è fatto male. No, credetemi 13 anni non sono pochi per correre, sono pochi per morire. Ma questa è già un’altra storia.

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