La storia di Monza

00_monza00  La storia di Monza

13 Settembre 2008, Monza, Gran premio d’Italia…poche semplici parole in grado di accendere i cuori di tutti gli appassionati, ferraristi e non.

L’autodromo nazionale di Monza è infatti uno dei più antichi e affascinanti impianti del mondo, su cui sono state scritte pagine di storia meravigliose di ogni categoria del motorismo a 2 e 4 ruote.

La sua costruzione risale al 1922, quando venne realizzato nel tempo record di soli 110 giorni dalla SIAS di Milano che iniziò i lavori il 15 maggio e già il 28 luglio permetteva ad una vettura di posare le ruote sulla neonata pista per un giro completo, si trattava di una Fiat 570 pilotata dagli assi degli anni ’20 Piero Bordino e Felice Nazzaro.

Quello di Monza era (ed è tuttora) il terzo circuito permanente realizzato al mondo, preceduto solo dal mitico catino di Indianapolis (realizzato nel 1909) e dal circuito inglese di Brooklands (1907 ma chiuso nel 1945).

Già quello stesso anno fu fatto sede del Gp d’Italia, dopo che nel 1921 la corsa si era disputata sul circuito stradale di Montichiari in provincia di Brescia, per la cronaca la vittoria andò alla Ballot di Jules Goux.

All’edizione inaugurale la vittoria andò proprio a quel Piero Bordino (al volante di una Fiat 804) che già fu autore dei primi collaudi nel mese di luglio, il circuito a quei tempi era composto da uno stradale velocissimo di 5500m unito ad un’ovale ad alta velocità di 4500, un giro completo del Gp era costituito dall’unione di queste 2 piste che avveniva per suddivisione in 2 corsie del rettilineo principale, risultando in totale ben 10 km!

Questa particolare composizione (che permetteva già allora medie sul giro spaventose) fu conservata fino al 1928, quando gli organizzatori furono costretti ad apportare modifiche a seguito di uno dei più cruenti e terribili incidenti della storia dell’automobilismo da competizione.

Il campione Emilio Materassi (acerrimo rivale di Nuvolari) è in difficoltà con la sua Talbot lanciata in una furiosa rimonta, al giro 17 si trova davanti la Bugatti di Giulio Foresti, Materassi attacca e i 2 percorrono il rettifilo affiancati.

Esattamente a metà rettifilo avviene la catastrofe, la Talbot sbanda a sinistra attraversa il rettilineo in diagonale e si schianta sulle protezioni volando oltre il fossato che divide il parterre degli spettatori alla pista, il bilancio è terrificante con 60 spettatori falciati di cui 20 morti e 40 feriti oltre al pilota.

Il Gp d’Italia dopo questo terribile evento non venne disputato per i successivi 2 anni, in compenso si tenevano altre manifestazioni di carattere minore che utilizzavano solo l’ovale o il “circuito Florio”, un tracciato composto dalla sopraelevata sud e una parte dello stradale infarcito di chicane improvvisate per rallentare le vetture.

Si riprende in Pompa Magna nel 1931 con Campari e Nuvolari che si dividono la vittoria sulla mitica Alfa P2 e le edizioni successive vedono scritti sull’albo d’oro nomi che rappresentano l’Olimpo dell’automobilismo da corsa: Nuvolari, Caracciola, Antonio Ascari, Fagioli, Stuck e Rosemeyer.

Sono anni magnifici, incentrati sull’eterno duello tra le “frecce d’argento” dell’Auto Union e della Mercedes Benz con le nostre Alfa-Romeo a fare da terzo incomodo, ma tutto si interrompe nel 1938 (dopo un’edizione ’37 disputata a Livorno)…l’anno dopo infatti scoppia la seconda Guerra Mondiale.

Nel 1939 fu comunque rifatta gran parte della pista: l’anello di alta velocità fu demolito, e la pista stradale fu modificata spostando il rettilineo opposto ai box e rimodellando alcune curve. La “curva sud” venne demolita sostituita da 2 nuove curve a gomito pavimentate in pavè e ribattezzate “curve del porfido” La lunghezza del circuito passò a 6.300 metri.

Purtroppo bisogna attendere quasi 10 anni per vedere le auto in corsa sul nuovo tracciato, l’autodromo infatti fino al 1945 viene utilizzato come deposito munizioni e zona parcheggio/manovra per mezzi militari, un utilizzo che finì praticamente per distruggerlo tanto che ci vollero 3 anni per renderlo di nuovo agibile dopo la fine del conflitto, le ostilità sportive ripresero infatti nel 1949 con una sonante vittoria della Ferrari di Alberto Ascari, figlio di quell’Antonio che entusiasmava le platee negli anni ’20.

Nel 1950 nasceva l’ambiziosa Formula 1, che rimpiazzava la categoria “Grand Prix” e cercava di annoverare il meglio in fatto di piloti e costruttori imponendosi come categoria regina, ovviamente Monza non può che far parte del calendario che in quella prima storica annata comprende 7 tappe, il vincitore di quel primo Gp d’Italia di Formula 1 (che chiude il mondiale) è il nostro Nino Farina che al volante della sua Alfa romeo 158 (la mitica alfetta) si impone nel Gran Premio e nel mondiale.

Le successive edizioni finiscono nelle mani rispettivamente di Ascari (’51 e ’52) con la sua fedele Ferrari, dell’asso argentino Juan-Manuel Fangio (dal ’53 al ’55) con Maserati e Mercedes e di Stirling Moss (’56 e ’57) al volante di Maserati e Vanwall.

Per rivedere una Ferrari trionfare in Brianza bisogna aspettare il 1960 con Phil Hill che si aggiudica la corsa interrompendo il dominio “full british”di Tony Brooks e Moss che fecero loro le edizioni ’58 e ’59 con Vanwall e Cooper.

In quel primo decennio di Mondiale il circuito brianzolo subì ulteriori modifiche, in particolare nel ’55 quando venne ricostruito l’anello dell’alta velocità, ma con una pendenza delle 2 sopraelevate di ben l’80% e con l’abbattimento delle “curve del porfido” sostituite da un’unica curva con sviluppo di 180 gradi, la mitica Parabolica che diventerà con gli anni uno dei segni distintivi di Monza nonché giudice spietata di mille battaglie decise all’ultimo giro.

Purtroppo lo stesso anno di quelle importanti modifiche un’altra tragedia oscurò il sole della Brianza, con il plurititolato Alberto Ascari che perse la vita alla curva del Vialone mentre provava una Ferrari Gt per puro divertimento, le circostanze dell’incidente non vennero mai chiarite e da quel giorno alla curva venne dato il nome dello sfortunato campione.

In ogni caso dal 1956 il giro del Gran Premio torna ad articolarsi sull’accoppiata stradale/ovale tanto in voga negli anni ’20 (con lo stradale che però ora misura 5750 m e l’ovale 4500)con medie sul giro che tornano a farsi elevatissime.

Addirittura nel ’57 e ’58 il catino ad alta velocità organizza una sua 500 miglia, una sorta di “trofeo dei 2 mondi” che riunisce i migliori specialisti americani con gli assi europei della F1! Insomma, un altro periodo d’oro attraversa in quegli sfavillanti anni’50 la lunga storia di Monza.

Ma una nuova tragedia funesta l’autodromo lombardo nel 1961, con la gara che chiude il Mondiale e che in teoria dovrebbe consegnare il titolo iridato nelle mani del tedesco della Ferrari Wolfgang Von Trips…

Purtroppo quella che dovrebbe essere una festa si trasforma in una tragedia molto simile a quella del 1928, infatti nei primi giri di gara Jim Clark con la sua Lotus tampona la Ferrari 156 di “Taffy” sul rettilineo opposto al via con la vettura del tedesco che piomba sul pubblico uccidendo 12 spettatori più il pilota, gara e titolo vanno quindi al duo compagno di squadra Phil Hill in quello che rimane il giorno più nero della storia della F1.

A seguito di questi fatti si torna a correre sul solo stradale, con l’anello che viene utilizzato per altri tipi di gare, con l’edizione 1962 inizia un’opera di “colonizzazione” inglese che dura sino al ’65 con Graham Hill, Jim Clark, John Surtees e Jackie Stewart che si aggiudicano nell’ordine la gara al volante di BRM, Ferrari e Lotus.

Il 1966 torna a vedere un italiano su Ferrari trionfare in patria, autore di questo prestigioso exploit è Ludovico Scarfiotti che succede nell’impresa ben 14 anni dopo Ascari.

In quest’occasione pagò la scommessa del Grande Vecchio che decise di anticipare di un mese il debutto del nuovo V12 a 3 valvole per cilindro apposta per tentare quell’impresa.

Nel 1967 porta con sé una nuova edizione che rimarrà nell’immaginario collettivo; il grande Jim Clark, già bicampione del mondo che con la sua Lotus 49 va in testa e si deve fermare ai box per una foratura perdendo un giro, al rientro in pista compie una rimonta mostruosa annullando il giro di svantaggio e superando tutti fino a riconquistare la vetta della gara…peccato che proprio all’ultima tornata il carburante della sua Lotus finisca e sia costretto a lasciare la vittoria alla Honda dell’ex ferrarista Surtees che batte in volata la Brabham di Hulme.

Il 1968 e ’69 vedono trionfare nell’ordine Hulme e Stewart con McLaren e Matra e il 1970 ci regala un’altra edizione controversa, con la tragedia delle prove in cui perde la vita il capoclassifica Jochen Rindt (poi campione postumo) in un’assurdo incidente alla Parabolica mischiata alla grande gioia della gara che vede imporsi lo svizzero Regazzoni su Ferrari 312B.

Un’altra edizione incredibile è quella del 1971 che vede l’inglese Peter Gethin su BRM imporsi in volata dopo aver passato in parabolica all’ultimo giro la March di Peterson, un finale al fotofinish per quello che rimane il Gran Premio più tirato della storia con i primi 5 piloti distaccati all’arrivo di un pugno di centesimi.

Quel 1971 però, vide la media sul giro alzarsi a livelli preoccupanti (ben 240 Km orari!) e gli organizzatori corsero ai ripari costruendo una chicane provvisoria sul rettilineo d’arrivo.

Nulla di particolarmente interessante da segnalare per i 3 anni successivi, di completo dominio Lotus che porta al successo Fittipaldi e Peterson (2 volte) con l’inossidabile modello 72.

Nuova festa Ferrari nel 1975 con Niki Lauda che qui conquista il suo primo titolo al volante della 312T lasciando al compagno Regazzoni la gioia della vittoria, mentre il 1976 si segnala per la miracolosa resurrezione dell’austriaco che solo 40 giorni prima veniva dato per spacciato a seguito di un drammatico incidente al Nurburgring, mentre la vittoria va alla March di “Pete the Swede” Ronnie Peterson .

Quello stesso anno vede nuove e importanti modifiche alla pista con la costruzione di 3 varianti permanenti alla Ascari, alla Roggia e sul traguardo, cona la lunghezza totale che passa a 5800m.

Nel 1977 nuovamente Lotus, ma questa volta con Andretti e la rivoluzionaria 78 a effetto suolo, stessa antifona pare essere nel 1978, con le vetture nero-oro che annientano la concorrenza e la gara monzese che serve solo a dare la conferma matematica del titolo ad Andretti…

Invece, come nel ’61 quella che doveva essere la festa del team di Colin Chapman si trasforma in tragedia, con Peterson che si ritrova coinvolto in un’ammucchiata in partenza dovuta ad uno starter troppo frettoloso e riporta serie fratture alle gambe.

Non sembra in pericolo di vita, ma durante la notte sorgono complicazioni e il funambolo svedese muore in ospedale per embolia, come se non bastasse Andretti viene penalizzato per partenza anticipata e la vittoria va alla Brabham-Alfa di Lauda.

Il ’79 è invece una trionfale parata Ferrari con Jody Scheckter che si aggiudica corsa e titolo scortato dal compagno-amico Gilles Villeneuve.

Il 1980 invece riserva una grossa sorpresa, il Gp d’Italia che viene disputato ad Imola, non lontano dalla “casa” della Ferrari, le rosse comunque non onorano l’impegno con una prestazione all’altezza e l’unica cosa per cui si fanno notare è l’esordio della 126Ck (prima turbo di Maranello) durante le prove e lo spettacolare incidente di Gilles nelle prime battute di gara, che finisce nelle mani di Nelson Piquet con la sua Brabham Ford.

Questo “sgarro” dell’80 sembra far arrabbiare Monza, che sembra vendicarsi del tradimento lasciando le rosse a secco di vittorie per ben 8 anni!

Prima la coppia Renault Prost e Arnoux, poi la Brabham BMW di Piquet, la coppia d’assi McLaren Tag Lauda/Prost indi di nuovo Piquet che bissa il successo per 2 anni di fila con la Williams Honda tengono la Ferrari e i suoi alfieri ben distante dal gradino più alto del podio.

Poi ecco il 1988, l’anno Zero di Maranello, col Drake che ci lascia pochi giorni prima dell’appuntamento casalingo a cui lui ha sempre tenuto tantissimo e una monoposto, la F1 87/88C che nulla può contro lo strapotere McLaren che fino a quel momento ha dominato tutte le gare della stagione con Senna e Prost.

Sulla carta non c’è speranza e la pista sembra dare conferma a ciò, ma quel che succede poi ha dell’incredibile…

Prost ha problemi col suo motore Honda-Turbo dopo le qualifiche, chiede ed ottiene un cambio della centralina, ma quest’intervento non risolve il problema…di tempo per cambiare il motore non ce n’è e Prost capisce che vedere la bandiera a scacchi sarà impossibile.

A questo punto il Professore decide di sfruttare la situazione per mettere pressione al compagno-rivale Senna che divideva con lui la prima fila e sempre con lui si giocava il titolo…setterà il turbo al massimo per costringere Ayrton a tenere un ritmo talmente elevato da fargli sforare la tabella dei consumi carburante (si era in piena Formula consumo) e costringerlo al ritiro.

Al verde Alain scatta meglio, Senna lo sopravanza dopo pochi giri ma questo non compromette il piano del francese, che costringe il brasiliano a ritmi elevatissimi facendogli abbondantemente sforare la fatidica tabella dei consumi.

Tutto sembra andare secondo le previsioni e sempre come da copione arriva il ritiro a circa metà gara col motore Ko, Ayrton ora si trova solo al comando ma si rende conto che per finire la corsa dovrà alzare il piede perché il carburante non è sufficiente, alza così il ritmo di 2/3 secondi al giro tentando di amministrare sino alla fine.

E’ a questo punto che al muretto Ferrari si rendono conto della situazione e ordinano a Berger ed Alboreto (che seguivano in coppia le 2 McLaren) di forzare il ritmo per tentare di prendere Senna.

Il primo ad attaccare è Alboreto, che di riflesso sveglia Berger che ormai correva di conserva puntando al podio, i 2 recuperano ma anche Ayrton ricomincia a girare sul suo passo.

Mancano 5 giri alla fine e l’azzardo Ferrari sembra rimanere tale perché Senna ristabilisce le distanze senza troppi problemi…ma il destino è in agguato.

La McLaren numero 12 ha da doppiare la Williams di Jean-Louis Schlesser (che in questa gara sostituisce Mansell fermato dalla varicella) Ayrton si getta al suo interno alla variante Good Year ma non fa bene i conti, i 2 si toccano e Senna è Ko con una sospensione piegata.

E’ l’apoteosi!a questo punto ha inizio una trionfale parata rossa con tutto l’autodromo che accompagna tra boati d’esultanza le Ferrari coi mitici numeri 27 e 28 verso una formidabile quanto insperata doppietta, pare proprio che qualcuno da lassù ci abbia messo lo zampino.

Purtroppo questa doppietta rappresenta una luce nel buio per i ferraristi che dall’anno dopo dovranno ricominciare a guardare le McLaren dall’alto al basso, nell’89 infatti Prost si rifà del ritiro dell’anno precedente vincendo e regalando la coppa a Cesare Fiorio (ds Ferrari) per far dispetto al Boss Ron Dennis “reo” di avergli preferito Senna che dal canto suo si porta a casa la corsa del 1990, una delle poche che mancavano al suo già ricchissimo carniere.

Si avanza di un anno, il 1991 che è interessante per alcuni meri dati statistici, la prima volta a punti dell’esordiente Schumacher e quella che si rivelerà essere la griglia di partenza con più campioni (presenti passati e futuri) nella storia della massima formula: Senna, Prost, Mansell, Piquet, Hakkinen e Schumacher tutti in un colpo solo per un totale di ben 20 campionati del mondo vinti…un record.

Per la cronaca sarà proprio uno di loro a tagliare vittorioso il traguardo, ossia Nigel Mansell con quella Williams Renault Fw14 che di fatto ammazzerà la stagione seguente.

Nel 1992 Senna si ripete al volante della sua McLaren Honda in quello che sarà l’ultimo anno di una partnership tra le più vittoriose di tutti i tempi.

Si arriva così al 1993 con il semi-esordiente Damon Hill che porta la sua Williams al trionfo davanti ad un incredibile ed arrembante Jean Alesi al volante della poco competitiva Ferrari F93A, Jean è in quegli anni bui l’unico vero faro di una squadra in piena crisi tecnica e l’affetto dei tifosi lo dimostra con un’invasione di pista pari a quella della mitica doppietta dell’88.

E siamo nel 1994, l’hannus horribilis della F1 moderna, Senna e Ratzemberger ci hanno lasciato la pelle ad Imola mentre Letho, Lamy, Alesi, Wendlinger e Montermini si sono infortunati seriamente durante la stagione, la paura per le prestazioni-limite e per la sicurezza passiva di auto e circuiti dilaga e a farne le spese è proprio Monza che vede deturpata una delle sue curve più belle e selettive, la seconda di Lesmo infatti viene trasformata in una più tranquilla piega da terza/quarta marcia.

In quell’anno però la Ferrari è in ripresa con Berger che ha riportato la vittoria a Maranello dopo 4 anni in Germania, questo e un’innumerevole serie di podi da parte dei 2 ferraristi portano il tifo italico a sperare che questa sia la volta buona dopo 6 anni di contentini e brutte figure.

Al termine delle qualifiche i sospetti si rafforzano con Alesi che fa sua la pole e la domenica scatta in testa conducendo la gara come un indemoniato ma…anche stavolta il destino è in agguato.

Jean si ferma al suo primo pit-stop, tutto va perfettamente fino al momento di ripartire quando si rompe un semiasse, la 412T1B numero 27 è Ko e con lei i sogni di gloria di Alesi e del popolo monzese, la festa è rimandata al ’95 (si spera) e la vittoria va di nuovo ad Hill

Nel ’95 la storia si ripete, Schumacher e Hill si giocano il mondiale e la casa di Maranello fa da terzo incomodo, ma quel 10 settembre sembra nuovamente un giorno che si colorerà di rosso.

Hill e Schumacher si autoeliminano alla Roggia e le 2 412T2 di Alesi e Berger passano a condurre con un buon margine sulla Benetton di Johnny Herbert, questa sembra davvero la volta buona.

Ma pure stavolta la sfortuna interviene a rovinare la festa, fermando prima Berger che si ritira con una sospensione polverizzata dalla camera-car staccatasi dalla monoposto di Alesi (un’incidente assurdo mai capitato e mai più ripetuto nella storia della F1!) e poi lo stesso Alesi a cui va arrosto un cuscinetto ruota quando mancano solo 6 giri alla fine!

Herbert si ritrova così su un piatto d’argento la sua seconda vittoria in carriera mentre i tifosi se ne tornano a casa con l’ennesimo rospo da ingoiare.

Ci si convince ormai che Monza sia quasi maledetta, ma il 1996 arriva a smentire tutto con il nuovo acquisto di Maranello Michael Schumacher che trionfa davanti a un tripudio di bandiere rosse approfittando della debacle delle Williams di Hill e Villeneuve.

Il 1997 ci riserva una gara stranamente priva di sorpassi con la vittoria della Mclaren Mercedes di David Coulthard che ha la meglio ai box sulla Benetton dell’ex ferrarista Alesi.

Tutt’altro sapore ha l’anno seguente con Monza che diviene tappa cruciale del duello al vertice tra Ferrari e McLaren, la gara si disputa sull’asfalto viscido ed è un susseguirsi di colpi di scena con Coulthard che si ritira, Hakkinen che sbaglia e kaiser Schumi che vince agganciando il finnico in vetta al mondiale…che poi perderà a Suzuka all’ultima gara.

Nel ’99 assente Schumacher per il famoso crash di Silverstone, Hakkinen ha il match point per il titolo ma lo spreca uscendo alla variante Good Year e spalancando le porte della vittoria a Frentzen che vince sulla sua Jordan e si inserisce nella lotta iridata.

Entriamo così nel ventunesimo secolo con una novità, la variante Good Year è sostituita da una stretta piega a destra da prima marcia, più sicura ma senz’altro con meno fascino.

Per quanto riguarda la corsa Schumacher bissa il successo del ’98 in una gara segnata dalla paurosa carambola del primo giro alla Roggia che vede coinvolte le 2 Jordan di Frentzen e Trulli, Barrichello, Coulthard e De La Rosa.

E’ Frentzen con un attacco maldestro al compagno ad innescare tutto, una delle sue ruote vola oltre le recinzioni e colpisce in pieno uno dei leoni della CEA, Paolo Gislimberti uccidendolo sul colpo.

Edizione dolce-amara pure nel 2001 con il week end monzese che coicide con la settimana dell’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre, l’intero globo è a lutto e si corre in un’atmosfera surreale e polemica a causa anche di una diatriba tra i piloti che vorrebbero fare il primo giro al rallentatore per rispetto, ma l’accordo non si trova e ne esce una figura un po’ barbina per tutto il circus, alla fine vince Montoya al suo primo successo in F1 con la Williams BMW.

Siamo ormai nel pieno del “quinquennio rosso” con la Ferrari che dopo aver vinto i precedenti 2 campionati si appresta a fare lo stesso nel 2002 con le F2002 che tritano letteralmente la concorrenza e inaugurano il nuovo fantascientifico podio monzese (composto da una piattaforma sospesa sulla pit-lane che si affaccia sulla pista) con una facile vittoria del fedele scudiero Barrichello, stesso risultato pure nel 2003 dopo un bel duello dell’asso tedesco con Montoya e nel 2004 con le F2004 che si esibiscono in una prodigiosa rimonta sull’asfalto viscido dopo essere scivolate in fondo, ed è di nuovo Barrichello ad aggiudicarsi la corsa.

Si vola così nel 2005, la Ferrari stavolta ha esaurito il suo ciclo di vittorie e il campionato è una faccenda a 2 tra la McLaren Mercedes di Kimi Raikkonen e la Renault di Fernando Alonso, ma questa volta è il terzo incomodo a spuntarla, con Montoya (McLaren) che beffa entrambi.

Nuove polemiche nel 2006 quando il campione del mondo Alonso viene ingiustamente accusato di avere ostacolato Massa in qualifica e retrocesso in griglia, in gara si ritirerà col motore rotto e la vittoria andrà al suo antagonista Schumacher che vince per l’ultima volta sul circuito brianzolo e a fine gara annuncia il suo ritiro dalla F1…non prima di aver conteso il titolo fino alla fine ad Alonso.

Il 2007 invece vive ancora della sfida Mclaren/Ferrari, duello condito dalle violente polemiche sulla famosa spy-story, con Ron Dennis raggiunto addirittura da un avviso di garanzia della procura di Modena e dalla feroce rivalità interna al team di Woking tra il bi-campione Alonso e l’astro nascente Lewis Hamilton.

Questa volta sono le frecce d’argento a prendersi la rivincita dello smacco subito a Silverstone da parte dei rivali e si impongono nella “tana” ferrarista con una schiacciante doppietta che vede primo Alonso e secondo Hamilton che a pochi giri dalla fine infila un esterrefatto Raikkonen alla prima variante.

Ed eccoci al presente, con le McLaren che si confermano ancora in palla durante i test di agosto e le rosse che sembrano faticare, di mezzo c’è stato un Gran premio del Belgio farcito da mille polemiche per la clamorosa decisione di togliere la vittoria a Lewis Hamilton per una presunta infrazione in un sorpasso proprio a Raikkonen ed assegnarla a Massa…come potete ben vedere il clima è già rovente ancora prima che le monoposto scendano in pista, ne vedremo delle belle!

Buon Divertimento!

Mirko Gibbi

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