23 ottobre 2011. Una data che per molti non viene associata a nessun particolare evento, ma che per chi ha anche solo intravisto la figura di Marco Simoncelli, seppur in televisione, in un semplice servizio o durante una gara di una qualunque categoria motociclistica, non può essere dimenticata. In nessuna maniera.
Ci troviamo a Sepang, Malesia, nel weekend di gara del 21-22-23 ottobre 2011, classe MotoGP e nel mezzo di una tiepida mattinata, durante il primo giro della gara della classe regina in programma, Marco Simoncelli, pilota della Honda Gresini #58, mentre si trova in lotta con Bautista per le posizioni di rincalzo, perde aderenza nella curva undici e, ormai in caduta tenta disperatamente di risollevare la sua moto e le sorti della gara. Purtroppo è proprio questo atto, a posteriori sconsiderato ma radicato nel DNA di ogni pilota, a costare carissimo al pilota romagnolo.
Ormai fuori traiettoria, Marco resta aggrappato con il cuore al suo fedele destriero, ritornando improvvisamente, dopo aver descritto una parabola con ancora il gas aperto e le braccia sul manubrio, in mezzo alla curva, nel momento in cui tutti gli altri piloti stanno percorrendo il tratto di pista. Non c’è tempo nè per Marco di lasciare la moto, accortosi del pericolo, nè per Colin Edwards e Valentino Rossi, che avanzano inconsapevoli, di frenare o cambiare traiettoria. Tutto accade in una frazione di secondo, un periodo di tempo troppo piccolo per comprendere cosa sta succedendo ma abbastanza lungo per far gelare il sangue a chiunque veda ciò che sta accadendo.
Prima Colin, poi Valentino, in una dinamica terribilmente simile a quella della quale furono protagonisti Scott Redding ed Alex De Angelis nell’incidente che tolse la vita a Shoya Tomizawa, colpiscono tra schiena, collo e testa l’inerme Marco, ritornato, per tragico destino o per errore umano, proprio davanti ai due amici e colleghi. L’urto è terribile, Valentino è il primo ad accorgersi della gravità della situazione, Colin, dolorante a terra con una clavicola fratturata guarda impotente la figura del pilota Honda, immobile, ferma, priva del casco, sfilatosi nell’impatto, con i riccioli che si muovono al vento.
I soccorsi sono immediati, ma purtroppo non c’è nulla da fare. Marco non ce la fa, la gara viene subito interrotta e chiunque, nel circuito, davanti alla tv, dappertutto, non può trattenere le lacrime davanti alla tragedia. Il padre di Marco, la fidanzata, gli amici, i colleghi, i tifosi, il team, tutti si stringono in un clima di raccoglimento nel ricordo di un ragazzo, un angelo volato via troppo presto.
E’ passato un anno ma la memoria del “Sic” non può spegnersi e scomparire: manifestazioni in segno di ricordo, parole e discorsi, lacrime e saluti, messaggi e preghiere si accumulano ancora oggi in direzione del pilota italiano. Anche durante il weekend malese, i piloti si sono raccolti in un minuto di silenzio, schierati alla curva undici, a ricordare quell’amico che, seppur lontano dai tracciati è ancora vicino ad ognuno di loro, anzi, dentro di loro.
Beh, non solo dentro di loro; oserei dire che Marco è ancora dentro ognuno di noi e con ognuno di noi, a ricordarci che purtroppo non tutti possono raggiungere il proprio sogno ma che ciò che più porta ognuno di noi a poter essere fiero di sè è tentare di realizzarlo ed inseguirlo finchè è possibile. Il “Sic” lo ha fatto e noi non possiamo che ringraziarlo per tutti quei momenti che ci ha regalato, continuando a ricordarlo così, con il suo splendido sorriso, come uno di noi.
Ciao Marco.
Fabio Valente (twitter: @hwfabio)
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