Gratitudine. Parola poco frequentata nell’immenso giro di soldi della Moto Gp, ma che noi tifosi (io in primis), umanamente umani, vorremmo vedere trasparire da una casa che ha vinto tanto, e che mai come domenica ha perso la faccia. Il mio ragionamento non vuole per forza essere super partes, anche perché mi riesce un pò difficile facendomi prendere dal magico mondo delle gare; vorrei semplicemente collegare dei fatti secondo la logica di chi le corse le segue per passione.
Il vero comportamento scorretto di domenica non è quello di Rossi, bensì quello dei vertici Yamaha: cari Jarvis e Furusawa, così non si fa. Valentino si sa, più che gesti materiali, per lui sono vere e proprie ferite gli schiaffi morali recapitati da chi lo ha circondato per ben sette anni, da chi ha conquistato con lui 4 titoli mondiali, risollevando il reparto di quella casa che nel lontano 2003 il podio lo vedeva col binocolo e che aveva trovato in Rossi l’ultima possibilità di esistere nel Motomondiale. E proprio da quel team, da quelle facce conosciute della domenica pomeriggio e che pian piano sono diventate famiglia, non ti aspetti un trattamento del genere. Peraltro ingiustificato. Rossi sei cattivo, basta, te ne devi stare buono.
Il cuore dell’epica faccenda, che poi tanto epica a me non sembra proprio, sono tre giri: Rossi e Lorenzo sono alle prese con un duello, come tanto auspicato proprio da Jorge: eccolo servito. Nessuno dei due si tira indietro: le staccate di Valentino certo sono micidiali (e questo è noto), ma anche Lorenzo cerca in tutti i modi di aprirsi varchi per passare, e nel normale incrocio di traiettorie capita che nel motociclismo si venga a contatto l’uno con l’altro. Dicesi appunto motociclismo, dovrebbe essere il mestiere di chi il pilota lo fa sul serio, di chi fa parte della tanto blasonata Moto Gp. Dovrebbe essere normale amministrazione no?
Invece no. Ecco che casca il palco. Lo scolaretto Lorenzo non ci sta, e no, lui sta per vincere il Mondiale insomma, Rossi così non doveva comportarsi. Sempre lo scolaretto parte alla carica e va dalle maestre (i vertici della squadra) perchè Valentino sì, gli ha fatto un dispetto, ed ecco pronta subito la nota sul libretto scolastico. Lorenzo non si tocca neanche con un fiore. Ed ecco che cade la faccia di Yamaha.
Ma dico io… Lorenzo, se ti sta così a cuore il titolo, metterti l’anima in pace e portarti a casa un tranquillissimo quarto posto in tutta calma, no eh? Peraltro da che pulpito viene la predica: il Por Fuera in 250 era il re delle spallate e delle incursioni assassine, di quelle che fuori pista ti ci mandano eccome, cosa che a lui non è successa. Insomma, caro Jorge Lorenzo: a Sepang il titolo sarà tuo, certo finalmente il tuo sogno si avvera, e mai come quest’anno te lo sei meritato al 100%. Vittorie, pole position, record: nessuno ha saputo tenere il tuo passo, tu sei stato il migliore in assoluto, e questo non è in discussione. Ma ti posso dire una cosa? La stoffa del campione è un’altra. Bisogna anche saper perdere nella vita, soprattutto, e ribadisco, se vuoi che il motociclismo sia la tua vita. Non potrai puntare i piedi per sempre, no? A maggior ragione se credi che l’ anno prossimo il conflitto di interessi sia risolto e dall’altra parte del muro ti ritrovi “solo” Ben Spies. Auguri.
Per la cronaca: quasi in contemporanea i “minorati” della Superbike scendevano in pista a Magny Cours; Fabrizio e Haga al primo giro si sono passati così vicini che gli adesivi Ducati Xerox probabilmente adesso stanno appiccicati a qualche tribuna. Sempre Fabrizio all’ultima curva dell’ultimo giro ha inforcato Guintolì così bruscamente che come souvenir francese ha deciso di portarsi a casa la leva del freno della Suzuki. Avete sentito lamentele? Io no.
Beatrice Moretto
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