L’aerodinamica in Formula 1, questa (quasi) sconosciuta…

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In Formula 1, pochi argomenti vengono nominati e discussi quanto l’aerodinamica. Espressioni come “sporcare la scia”, ad esempio, sono ormai comuni del linguaggio della Formula1. Quante volte, poi, abbiamo sentito il commentatore durante la gara nominare delle parti della vettura, come I deviatori di flusso o Il diffusore?
Ma cosa significano veramente tutte queste espressioni? Cosa significa veramente comprendere l’aerodinamica di una Formula 1?

Partendo dalla definizione di aerodinamica stessa, questa riguarda il flusso dell’aria che interagisce in qualche modo con dei corpi in movimento. Una turbina ed un aeroplano sono due esempi, molto diversi, dell’aerodinamica in azione.
Nei tempi passati, in Formula 1 l’interesse maggiore era quello di rendere la vettura più aerodinamica possibile, dandole una forma che potesse ridurre al minimo la resistenza che la vettura opponeva al flusso d’aria durante il moto. Questa resistenza è meglio conosciuta come drag.
Diminuire le forze di drag significa, dunque, impiegare meno potenza per far sì che la vettura avanzi passando attraverso l’aria. In altre parole, meno drag corrisponde ad una maggiore velocità della vettura.
Ridurre al minimo le forze di drag è stato l’obiettivo dello sviluppo aerodinamico delle vetture di Formula 1 fino agli anni ’60, quando I vari team iniziarono a conoscere e prendere in considerazione il fenomeno della deportanza, o downforce. Gli ingegneri iniziarono infatti a capire che aumentando la pressione verso il basso, esercitata dalla downforce, era possibile aumentare il grip tra le ruote e la strada, ossia l’attrito necessario per poter scaricare la potenza generata dal motore sulla pista. Si verifica un aumento del grip all’aumentare della deportanza a cause del fatto che le forze di adesione tra le gomme e la strada sono fortemente proporzionali al carico che queste devono sopportare.
La scoperta della deportanza come fenomeno in grado di migliorare le prestazioni di una vettura di Formula 1 si spinse poi ben oltre. Presto infatti si capì che non solo la vettura poteva migliorare il grip con la pista, con la conseguenza di poter meglio trasferire la potenza generata dal motore all’asfalto, ma era possibile anche diminuire il pattinamento delle ruote sulla strada e rendere la macchina più reattiva ai cambi di direzione repentini.
La generazione di forze di deportanza si basa su due teorie importanti: la teoria di Newton, secondo la quale l’energia non può essere né creata né distrutta ma solo trasferita, ed il principio di Bernoulli, che correla l’aumento della velocità del flusso di un fluido con la diminuzione di pressione che questo esercita sulle pareti del condotto entro cui scorre.
Ma addentriamoci ancora di più nell’aerodinamica della Formula 1. La Formula 1 funziona esattamente come se fosse un aereo rovesciato, in altri termini un’ala di Formula 1 è disegnata in modo tale che I flussi d’aria che passano sulla superficie inferiore abbiano una velocità maggiore rispetto a quelli che lambiscono la superficie superiore. Questa differenza di velocità genera una maggiore pressione sulla superficie superiore rispetto a quella inferiore ed il risultato di questa differenza di pressione è una pressione risultante diretta verso il basso, chiamata downforce, o deportanza. La deportanza “spinge” la vettura verso l’asfalto, con la conseguenza di aumentare il grip esercitato dalle gomme.
Dunque, abbiamo parlato finora di drag, ossia di resistenza dell’aria che si oppone all’avanzamento della vettura, e di downforce, che schiaccia la vettura al suolo. I due fenomeni sono semplici ma occorre ora unire insieme i due effetti per capire cosa realmente succede su una vettura di Formula 1. Inoltre, la presenza di tratti veloci e lenti nello stesso circuito fanno sì che la scelta degli assetti si addica solamente ad una parte di uno stesso circuito. Al fine di risolvere questo problema, negli anni ’60 vennero introdotte delle ali mobili, in grado cioè di essere opportunamente orientate in base alla direzione che i flussi d’aria dovevano assumenre in funzione della posizione della vettura. Queste ali permettevano di generare una maggiore downforce in curva, orientandosi verso angoli di incidenza maggiori, e di ridurre l’inclinazione in rettilineo, minimizzando così la deportanza.
Ben presto, questo tipo di soluzioni vennero bandite dal regolamento della Formula 1 e pertanto I team dovettero cercare un assetto per la vettura in cui era presente il giusto compromesso tra drag e downforce L’assetto ideale dipende dal circuito, pertanto si cerca un elevato carico aerodinamico in quelle piste in cui sono presenti molte curve lente, come a Monaco, e bassi carichi aerodinamici per piste dove è importante andar veloce, come a Monza.
Alla fine degli anni ’70 si conobbe poi un fenomeno noto come effetto suolo. Si scoprì infatti che facendo scorrere il fondo vettura molto vicino all’asfalto e controllando il flusso d’aria che scorreva al di sotto del fondo della vettura era possibile aumentare drasticamente la deportanza senza però aumentare significativamente le forze di drag.
Lo sfruttamento estremo dell’effetto suolo venne ben presto proibito dal regolamento (1983) ma il principio fisico su cui si basa è ancora oggi sfruttato. Facendo scorrere l’aria più velocemente al di sotto della vettura si ottiene infatti lo stesso effetto che si avrebbe se si introducesse un aspiratore nel retro della vettura per aspirare l’aria. Proprio per questo, il fondo delle vetture di Formula 1 viene sempre tenuto più basso possibile, compatibilmente con il regolamento.
Il flusso di aria che scorre al di sotto del fondo vettura è controllato dal diffusore posto nel retro della vettura. Il diffusore è un dispositivo di fondamentale importanza in quanto la sua forma determina quanto velocemente l’aria abbandonerà il fondo della vettura. Più veloce questa sarà allontanata e maggiore saranno le forze deportanti prodotte.
Altri dispositivi introdotti sulle vetture di Formula 1 moderne sono I deviatori di flusso, le strutture sottili presenti dietro le ruote anteriori. Queste appendici hanno il compito di gestire I flussi che saranno inviati sotto la vettura. I deviatori di flusso generano dei vortici che vanno a finire sul fondo. I vortici creano una zona di bassa pressione che tende a richiamare aria dalle zone a pressione maggiore. In altre parole, la presenza di un vortice sul fondo della vettura non fa altro che aumentare la downforce.
Le appendici che si trovano ai lati esterni delle paratie verticali poste sull’alettone anteriore hanno lo stesso compito, generano infatti dei vortici che controllano l’aria che andrà ad interagire con gli pneumatici anteriori.
Gli pneumatici rimangono attualmente le parti meno aerodinamiche di una vettura di Formula 1. Queste infatti hanno una forma abbastanza tozza e generano molti moti turbolenti. Non è prevista dal regolamento la possibilità di introdurre delle coperture per le ruote, pertanto quello che si può fare per limitare la turbolenza generata da queste è l’introduzione di paratie verticali e deviatori di flusso in grado di fermare questi moti turbolenti che altrimenti disturberebbero gli strati di aria più prossimi al telaio.
La parte anteriore della vettura è sicuramente quella più importante sotto l’aspetto aerodinamico. L’aria infatti inizialmente va proprio a lambire la parte interiore della vettura e la direzione che I vari flussi prenderanno dipende quindi prevalentemente da come la parte anteriore della vettura lavora. Analizzando le velocità che l’aria assume nella parte anteriore ed in quella posteriore, si vede che questa subisce un decremento di circa 30% passando dal naso della vettura al punto in cui questa abbandona la vettura stessa. Le ali poste nel retro della vettura sono molto meno performanti rispetto a quelle presenti nella parte anteriore della vettura, che in altre parole significa che il retro della vettura genera maggiori forze di drag rispetto alla parte anteriore.

Finisce così, per ora, il nostro viaggio attraverso l’aerodinamica di una vettura di Formula 1. La prossima volta che avrete modo di assistere dal vivo ad una gara fate caso al suono che le vetture producono: è un suono strano ma è la conferma del successo ottenuto nel controllare completamente I flussi d’aria che interessano la vettura.

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7 commenti su “L’aerodinamica in Formula 1, questa (quasi) sconosciuta…”

  1. Veramente un articolo professionalmente tecnico!
    La parte sull’effetto suolo è sensazionale, mi ricorda la Lotus con quell’alettone a pochi centimentri dal suolo!

  2. Sono contenta che avete apprezzato in mio (primo) articolo! Grazie 😳

    Onlysicily, in effetti la Lotus ha esasperato l’effetto suolo con un fondo molto particolare ed introducendo delle minigonne rigide laterali che praticamente sigillavano il fondo.
    Peccato che i regolamenti non permettano più una cosa del genere, anche se c’è da dire che le vetture con quel tipo di aerodinamica erano praticamente incontrollabili in caso di fuori pista o incidenti.

  3. Come mi ha detto una persona tempo fa: “la lotus progettava vetture per ammazzare i piloti”, bhè forse dire ammazzare è troppo, però siamo lì!
    Cmq ho notato che sei ingegnere chimico (dal tuo sito) quindi suppongo che di fisica ne sai….quindi mi spiego la tecnicità di questo articolo!
    Poi sono contento che la F1 piaccia anche al gentilsesso e non venga considerato solo uno sport maschile!
    Sono contento di avere con una “collega” così preparata!:grin:

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