Solo 4 anni fa si laureava campione del mondo di Formula 1 con la Ferrari: il sogno di tutti i piloti del mondo. Oggi alla soglia dei 32 anni, Kimi Raikkonen, è costretto al ritiro, per mancanza di serie alternative professionali. L’avventura rallistica si sta rivelando un fallimento. Mai davvero competitivo al cospetto dei big della categoria, seppur con mezzi di primissimo piano le ha prese anche dai piloti privati. Anche nel mondo a parte (automobilisticamente parlando), della Nascar è stato accolto con freddezza, e nonostante gli incoraggianti segnali di competitività nelle due gare disputate, gli è stato chiesto un contributo economico per correre, come uno dei tanti cash-driver. Proprio a lui che dal kart alla F1 ha potuto contare solo sul suo talento e l’occhio lungo di talent scout come Peter Sauber e Steve Robertson, il suo manager storico. Una parabola, la sua, per certi versi inspiegabile. Tanti dopo il “prepensionamento” coercitivo (ma ben retribuito), della Ferrari, pensavano che il finnico uscito dalla finestra sarebbe rientrato dalla porta principale. A più riprese lo davano in Red Bull e alla Renault, voci che si sono dimostrate infondate. Iceman, paga, forse, il difetto di un carattere estremamente chiuso, non gradito agli uffici marketing delle grandi case automobilistiche e dai grossi sponsor. Sembra incredibile che nessuno lo cerchi, ancora più incredibile che nessuno ricordi il suo piede pesante. Il ragazzo di Espoo è uno dei pochi a vantare nel proprio curriculum vittorie contro tutti gli attuali big in F1: Schumacher, Alonso, Button, Webber, Massa e Vettel. Se il talento nel mondo dei motori conta ancora, Kimi un seconda chance la merita.
Condividi:
2 commenti