Indycar- 500 Indy- Come è dolce il latte di Indy

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Momenti di un giorno indimenticabile. Sarà forse vero che questa ultima edizione della 500 Miglia di Indianapolis non è stata all’altezza per i duelli in gara rispetto alle recenti passate edizioni. Magari proprio perchè Hornish e Franchitti, due pietre miliari dello sport motoristico d’oltreoceano a ruote scoperte degli ultimi anni, non ci sono più. Sicuramente in quanto a suspence, la Indy ha regalato domenica scorsa, come del resto è sempre accaduto nelle altre edizioni che si sono disputate dal 1909 fino all’anno passato, uno spettacolo mozzafiato, che mette i brividi anche per chi guarderebbe l’evento senza minimo interesse. Perchè le tradizioni sono tali e vanno rispettate, e la Indy 500 è “la” tradizione dello sport motoristico. Perchè lo scenario pre-gara non è stato da meno rispetto al passato, e quando inizia la gara sale l’andrenalina anche a chi la guarda da casa (figuriamoci i fortunati presenti sugli spalti). Perchè anche quando per misfortune varie, escono i piloti per cui tifi, ti ritrovi lo stesso ad assistere agli ultimi giri, gli ultimi chilometri, miglia pardon, percorsi dai piloti, con un attesa snervante, desideroso di sapere chi alla fine riuscirà a trionfare. Perchè a chi vince spetta l’onore di essere ricordato nell’albo d’oro della prestigiossima gara che vale tanto quanto un campionato mondiale di F1 intero. Perchè Dixon non aveva mai assaggiato il latte dell’Indiana (o forse Chip Ganassi che se lo è scolato per primo dalla contentezza e presumiamo dalla sete anche). Tanti “perchè” ed un solo motivo, una risposta univoca e più che soddisfacente : la 500 miglia di Indianapolis è sempre la 500 Miglia. E’ la storia di una competizione che ha radici più antiche delle stesse corse “europee” moderne, e ciclicamente si ripete ogni anno e riproponendosi con una nuova linfa vitale. In particolar modo come accaduto quest’anno.

Trentatrè piloti al via. Tredici statunitensi, sette brasiliani, due venezuelani, uno canadese, il più anziano: oltre due terzi provenienti della lande delle antiche “Indie Occidentali”. Altri erano europei, come l’inglese Wheldon, che si è letteralmente sgonfiato da metà gara in poi, altri venivano dall’Estremo Oriente, come Mutoh, altri ancora, dalla terra dei canguri, come Power, ed infine il vincitore dalla Nuova Zelanda, terra di tradizione rugbistica, prestata questa volta agli onori della cronaca motoristica.

Un giorno speciale, quello del 25 Maggio, giorno vigilia del “Memorial Day”, non uno strano appellativo dato dal sottoscritto per designare con un espressione iperbolica, quanto dissacrante questa giornata di motori (che in Europa vedeva altri piloti impegnati in un’altra gara di lunga tradizione, quella monegasca), ma il “Giorno della Memoria” , un evento speciale commemorato negli USA per ragioni più serie, commemorare i caduti civili e di guerra statunitensi. E nella cerimonia del pre-gara, è stata suonata “Taps” da Byron Bartosh, mentre Florence Hendersonè tornata ancora una volta per cantare “God Bless America” , Dio benedica l’America, l’inno del 1918, che non ha mai ricevuto il crisma d’ufficialità, ma che è talmente famoso da essere quasi diventato “nazionale”. Come tradizione del resto. E forse non per tradizione, e non per rispetto di una consuetudine da osservare in modo coattivo, ma solo per vivo spirito e volontà di farlo, gli spettatori si sono messi a cantare l’inno patriottico assieme a lei. Il tutto completato per la gioia dei fans presenti e non, da una esibizione dell’aeronautica statunitense, non certo all’altezza delle nostre “Frecce Tricolori”, ma comunque molto apprezzata. Per la cronaca due F-16 Vipers, e due F/A-18 Hornets della Naval Strike e dell’ Air Warfare Center del Nevada.

L’inno nazionale vero e proprio è stato cantato da Julianne Hough, una ballerina professionista del programma televisivo “Dancing with the Stars”, che l’ha vista trionfare due volte, ed in una di esse lo ha fatto proprio accanto ad Helio Castroneves.

Nick Hayden, campione mondiale della Motogp 2006, è stato chiamato a compiere un giro dimostrativo del tracciato prima della gara, in virtù del fatto che una gara proprio nel tracciato misto di Indianapolis si terrà a Settembre, circuito dunque che verrà sfruttato dal motociclismo dopo la dipartita della Formula Uno. Per curiosità questa non sarà la prima volta che vedremo girare le moto nel circuito dell’Indiana, visto che già nello Speedway vero e proprio nell’Agosto del 1909 ci fu una gara vera e propria. Evento però accorciato viste le condizioni del tracciato, che continuava a deteriorarsi, e di fatti seri problemi alla superficie dell’asfalto si verificarono nella gara automobilistica che si tenne una settimana dopo. Questo portò alla realizzazione della pavimentazione del tracciato e tre “piedi” (poco meno di un metro di lunghezza) di mattoncini che furono posti allora, sono stati conservati e sono simbolicamente ancora li’, sulla linea del traguardo partenza.

Veniamo alla gara. Lo start alla gara è stato compiuto sotto la direzione del due volte campione di F1 (1972 e 1974) Emerson Fittipaldi , nonchè vincitore in altrettante occasioni , numericamente parlando, della prestigiosa gara dell’Indiana. L’ ex pilota brasiliano, tra l’altro suocero del nostro sfortunato Max Papis, che non ha potuto prendere parte alla gara in quanto non qualificatosi, era alla guida della Pace Car che ha dato il via alla gara, una Corvette. Durante la gara invece la Pace Car è stata guidata dal tre volte campione della 500 Miglia Johnny Rutherford. La storia si ripete.

Il pilota della Chip Ganassi, Scott Dixon è stato il vincitore finale di una gara tirata al massimo, che ha visto tante bandiere gialle dovute a molti incidenti in gara, in particolar modo i più pirotecnici e pericolosi, sono stati quelli di Jaime Camara con Conquest, quello di Tony Kanaan e Sarah Fisher, e quello di Alex Llyod su Rahal Letterman-Ganassi. Il neozelandese è stato protagonista assoluto nel corso del mese , una dimostrazione di grandissima forza e perfezione: al comando di molte prove libere, ed autore della pole 2008. Questa è stata la sua prima volta da vincitore nella Indianapolis Motor Speedway, dopo aver tentato sei volte “la fortuna” negli anni passati. Nel 2007 per lui un secondo posto finale dietro al vincitore Dario Franchitti, dopo 160 giri circa, in una corsa interrotta per ben due volte a causa del meteo instabile. Nella scorsa edizione il vincitore della corsa è risultato essere anche il campione finale del titolo.
“Tutto il mese è stato perfetto, tantissime persone hanno lavorato accanto a me duramente per farmi andare sempre più veloce. E’ una professione difficile la loro, riuscire a trovare quel “quid” che permette al pilota di risultare sempre il migliore e vincere la concorrenza. Sono stati dei fenomeni. Ci sono state anche tante bandiere gialle, otto se non sbaglio, ed è stata dura prendere il ritmo gara. Verso la fine non pensavo che qualcuno potesse sorpassarmi e di fatti la lotta dietro tra chi mi seguiva mi ha agevolato. Il team intero è stato ammirevole.” – le parole a caldo del vincitore. Il terzo trionfo per Chip Ganassi, dal 2000, un giorno dopo aver celebrato il suo cinquantesimo compleanno. “Il latte era veramente buono!!” le parole di soddisfazione in conferenza stampa. E sicuramente possiamo giurare che non lo abbia detto soltanto per decantare le qualità organolettiche del prezioso liquido naturale dissetante!

Le bandiere gialle, le “cautions” appunto. Ben otto. Provate ad indovinare per quanti giri totali si sono viste. Difficile che azzecchiate, e non sembrerebbe neanche veritiero a prima vista, la gara è stata rallentata per più di un quarto di gara: 69 giri totali! E di fatti Dixon ha avuto ben donde di lamentarsi per aver avuto difficoltà a prendere il ritmo gara. La bandiera verde più lunga è durata “soltanto” venticinque tornate.

Vitor Meira è stato sorprendentemente secondo, dopo una prima parte di stagione mediocre. Quando c’è la Indy comunque, si trasforma sempre. La sua Panther-Delphi ha avuto cosi’ la piazza d’onore sul podio in qualità di vicecampione della corsa, e lo stesso brasiliano era andato vicino al successo dopo una gara prevalentemente di “attesa”, con una splendida manovra dopo la penultima ripartenza, che gli aveva fatto guadagnare la prima posizione. Per lui è stato il risultato più prestigioso in questa gara, ed è andato a bissare la sua prestazione del 2005. La AGR sponsorizzata da Indiana Jones, ha terminato la sua “avventura” sul gradino più basso del podio. Per Marco però, una grave macchia, quella manovra che è costata la gara a Tony Kanaan, il quale sembrava il pilota più forte domenica scorsa assieme a quello che è stato poi il vincitore, ed implicitamente anche a Sarah Fisher. A seguire Castroneves con Penske in difficoltà verso metà gara, e la sorprendente Vision Menard giallo canarino di Ed Carpenter. La seconda Vision, quella di Aj Foyt IV, è stata protagonista di un vero e proprio calvario ai box per tutta la durata della gara, cosi’ come anche la Dale Coyne di Junqueira, che ad inizio corsa aveva perso uno specchietto.

Meira ha celebrato il suo secondo posto come un trionfo per il suo team, l’unico tra gli outsiders in grado di combattere fino alla fine con le scuderie “big”, Ganassi, AGR e Penske. “Questo è il posto che meritavamo, i miei meccanici nei pits hanno fatto di tutto ai box per farmi avanzare di posizione, ed alla fine tutti abbiamo fatto del nostro meglio”.

Andretti invece è stato messo in cattiva luce da una controversa azione che ha coinvolto lo sfortunato compagno di scuderia Tony Kanaan, anche se i due non sono arrivati al contatto. Marco ha fatto uno scatto dalla parte più bassa del banking vicino alla linea bianca di demarcazione con l’erba, e il suo compagno di scuderia per evitarlo è stato costretto a rallentare bruscamente. Una frenata improvvisa a piena velocità con il piede che pigia sull’accelleratore in curva può essere deleteria. Infatti il brasiliano per non perdere il controllo della vettura dopo aver rallentato, è stato costretto ad allargarsi verso il muretto e perdendo velocità è stato passato da Ryan Hunter Reay prima di girarsi ed andare a muro con Fisher che sopraggiungeva proprio in quel momento. Il contatto è stato molto pericoloso perchè la vettura del pilota della AGR 7-Eleven era in movimento in mezzo alla pista ed il contatto è stato frontale per la Dreyer di Fisher che ha impattato le paratie laterali della vettura del brasiliano. Indy ancora stregata per Kanaan, ma l’importante questa volta è stato scampare conseguenze pericoli più gravi che avrebbero potuto mettere a repentaglio l’incolumità dei piloti stessi. L ‘incidente è accaduto mentre la vettura bianco-verde era splendidamente in testa dopo aver passato entrambe le Ganassi con decisione, e Andretti a sua volta aveva sorpassato Wheldon che da metà gara in poi è stato in difficoltà. Trovatosi davanti un folto gruppo di doppiati in lotta fra di loro , il pilota è stato costretto a rallentare e dopo essere aver ingaggiato una lotta con Dixon, Andretti si è intrufolato in mezzo ai due litiganti per prendere vantaggio dalla lotta, riuscendo a compiere tra l’altro un doppio sorpasso ai loro danni. Appena dopo l’incidente il pilota AGR è stato intervistato a caldo e non ha usato di certo parole diplomatiche verso il suo compagno di squadra, nonchè figlio del patron della scuderia “E’ stata una mossa talmente stupida che non ci posso ancora credere, una cosa del genere la puoi fare ad un pilota di un’altra squadra , ma è già raro, un compagno di squadra a maggior ragione non pensi possa farti una cosa del genere. Spero che abbia giustificazioni che reggano per spiegarmi il perchè di quella sua mossa a fine gara. Siamo in mezzo al traffico, a piena velocità, perchè fare una mossa cosi’ aggressiva?”. Andretti a fine gara risponderà “Mi spiace, con il senno di poi è più facile notare errori di gara. Comunque siamo arrivati terzi e sono punti importanti. Guardiamo avanti.”

Un cielo sereno, che non minaccia pioggia (la prima volta questo mese) è il biglietto da visita per la gara. Le undici fila di macchine si apprestano ad accellerare appena vista la bandiera verde. Al via non c’è nessun contatto, la prima caution arriva all’ottavo giro quando lo specchietto destro di Junqueira viene perso senza una apparente ragione. Durante le bandiere gialle, Sarah Fisher esce alla curva tre con un testacoda sull’erba. Riprenderà la gara anche con l’aiuto dei commissari e dei box. Al restart dopo che molti piloti sono ai box, è Rice che guida il gruppo davanti alla NHL di Wilson. La sua leadership non dura tanto visto che i due della Ganassi passano entrambi, ma per alcuni giri Rice e Wilson danno noie a Kanaan che non riesce a sopravanzarli. Il pilota della AGR stesso prima della caution era risalito a suon di sorpassi fino alla terza posizione, e vi resterà fin quasi alla fine della sua gara, quando rotti gli indugi verso il novantesimo giro, prenderà il comando con due monovre decise e pulite ai danni degli uomini della Target. Un altro protagonista è Scheckter che con la sua Luzco Dragon giallo nera risale fino alla quarta posizione compiendo dei sorpassi mozzafiato, battagliando con Andretti prima ed una Penske poi per mantenere la sua posizione. Wheldon dopo il secondo restart prende il comando, ma è Dixon che nuovamente prende la leadership. Rahal va largo alla curva 4 e va a muro, tentando di passare la Rahal Letterman-Ganassi “Wii Fit” biancoverde di Lloyd , assoluto debuttante nella serie Indycar. Per lui una gara incolore senza infamia e senza lode, veleggia fra la diciasettesima e la ventiquattresima posizione per tutta la durata della sua gara, prima di andare violentemente a muro sempre alla stessa curva che aveva visto in precedenza gli incidenti di Rahal e Camara. La sua vettura impatta talmente in modo violento prima in curva 3, poi un rimbalzo sul muretto della 4, che la stesso pilota si ritrova a dover domare la sua macchina che , perso il controllo, attraversa pericolosamente quasi tutta la corsia dei box. “Lloyd per qualche ragione, non voleva stare a destra e quando me lo sono ritrovato vicino a distanza ravvicinata, non ho potuto che allargarmi e nel tentativo di controllare la vettura ho perso il controllo della vettura.” dirà poi Rahal.

Una nuova caution arriva quando Marty Roth, la vettura nera numero 25, va a muro sempre alla stessa curva. Per lui tre tentativi falliti nella 500 miglia di Indianapolis ed una sola bandiera a scacchi nelle sue quattro partecipazioni totali. Castroneves danneggia l’alettone anteriore per colpa dei detriti lasciati in pista ed è costretto ai box. Per lui sarà da questo momento in poi una gara in risalita che culmina nella lotta per la terza posizione con Andretti a fine gara. Darren Manning anche lui cambia alettone dopo un contatto con Rice in pitlane.

Dixon e Wheldon si riscambiano la posizione dopo il nuovo via, ma subito dopo la gara è fermata nuovamente e rientra la pace-car. E’ il giro 80, e Jaime Camara della Conquest è fuori a seguito di un contatto ravvicinato con il muretto all’uscita della curva 1 con conseguente rimbalzo su quello della curva 2. L’incidente è spettacolare e le scintille sono tante, ma la vettura della Conquest ha tutta il lato destro disintegrato. Il pilota è incolume ed esce con le proprie gambe dall’abitacolo. La gara riprende al giro 92, Kanaan prende meticolosamente la scia a Dixon e lo sorpassa con se questi fosse stato fermo, poi è la volta di Wheldon che aveva preso un discreto vantaggio. Kanaan prende la testa della corsa per la settima volta consecutiva in sette anni a questa gara, un record. Vincerà poco dopo anche quello della sfortuna. Andretti e Scheckter ingaggiano una bella battaglia ed entrambi passano Wheldon in difficoltà. Anche Hunter Reay e Carpenter lo faranno. E il pilota britannico si ritrova a lottare con Patrick a sua volta insidiata da una Penske. Poco dopo , prima del centesimo giro, accade l’incidente di Kanaan che mette fuori gioco anche Fisher. Durante il periodo di caution Jeff Simmons, sulla stessa vettura di Manning, una Af Foyt sponsorizzata dalla ABC, accodato come ultimo pilota dietro la pace-car ha dei problemi meccanici, ed improvvisamente sul rettilineo principale, inspiegabilmente lo si vede sterzare bruscamente a destra ed andare a muro. Questo per colpa della rottura di una sospensione posteriore, la destra.

Al via Dixon e Andretti lottano per la prima posizione, dietro di loro c’è l’eroico Scheckter che è stato costantemente quarto ed ora con l’uscita di Kanaan , si ritrova terzo. Segue a poca distanza i due, volendo approfittare in seguito nel proseguio della corsa di una loro eventuale defaillance. Il pilota sudafricano è stato propositivo per tutto il corso della gara , dimostrando freddezza ed aggressività mista ad una capacità di controllo eccezionale. Un vero peccato aver potuto ammirare le doti di questo pilota per una manciata di gare quest’anno (la prossima sarà l’ultima delle tre previste). Sicuramente un mancato protagonista a pieno impiego di questa Indycar riunita. La sua gara in Kansas è stata perfetta fino al momento dello sfortunato contatto con Viso, qui ad Indy si dimostra un pilota con la “P” maiuscola. Questo però non basta ad evitargli un ritiro inaspettato. Andiamo con ordine. Al giro 133 esce Wilson che termina mestamente la sua gara dopo i momenti brevi di gloria all’inizio in cui , aveva tenuto testa, in termini di velocità , ai piloti più affermati del circus degli ovali. Il britannico perde l’alettone posteriore dopo un incidente in curva 1 che lo costringe ad impattare nella carambola il muro della parte interna del circuito. Entrambe le NHL sono fuori. Con soli cinquanta giri rimanenti arriva anche la fine della gara per Lloyd. Quando la vettura dell’inglese entra nella pitlane dopo esserci stata scaraventata a seguito della toccata in curva 1, colpisce e disintegra molti coni. Lo stesso pilota resta incolume dopo lo spettacolare incidente, lo stesso non si può dire per la marea di oggetti inanimati che ha letteralmente investito. Questi non vedranno la luce del giorno seguente. Ovviamente Lloyd non verrà punito con una bandiera nera per eccesso di velocità in pitlane, ci mancherebbe altro, però guadagna comunque il premio per l’incidente più pirotecnico della giornata.

A questo punto Wheldon e Schecker sono costretti, loro malgrado, ad ingioare il rospo. Il rivestimento del motore della Ganassi si solleva, ma il pilota torna eroicamente in pista, il sudafricano invece è costretto a ritirarsi per colpa del motore andato fuso. Per lui un ritiro inaspettato ed una delusione grande. I meccanici lo rincuorano, e i fans sugli spalti lo incitano con un applauso e urla di sostegno. Thomas ringrazia entrambi, uno ad uno i suoi meccanici, prima di sedersi sconsolato su un muretto. Al via è Meira l’ “homo novus” fra i primissimi piloti davanti. Dopo aver accarezzato costantemente la quinta posizione per entrare nella “Top Five”, ora si ritrova davanti dopo uno splendido doppio sorpasso in mezzo a Dixon e Carpenter. Vi rimane per i seguenti venti giri. C’è l’ultima caution frutto del ritiro di Milka Duno, che esce di pista dopo essere stata bruscamente “tagliata” dalla Hemelgarn di Buddy Lazier alla curva tre. Fondamentale a questo punto la sequenza finale dei pit stops. Dixon riesce a passare Meira, ma gli occhi di tutti sono puntati su quel che succede nelle posizioni dietro. Danica Patrick esce dalla sua piazzola, e si mette in coda per guadagnare l’uscita dalla lunga pitlane, ma Briscoe non si avvede di chi giunge dietro di lui e cerca di mettersi in carreggiata il più presto possibile dopo il rifornimento e cambio gomme. Da dietro arriva la Motorola XM Satellite di Patrick che fa di tutto per evitare il contatto spostandosi a destra rischiando di toccare il muretto, ma Briscoe non demorde ed il contatto è inevitabile. Le decisioni vengono prese in poche frazioni di secondo e gli incidenti in pit sono frequenti, questo come scusante ad argomentare e sostenere la tesi di Briscoe, tuttavia è innegabile che abbia gran parte se non la totalità delle colpe. E’ l’ennesimo ritiro per Briscoe quest’anno, mentre Patrick non riesce a controllare la vettura e fa un 360 gradi che si risolve poi in un ritiro forzato a causa della rottura delle sospensioni anteriori. Inaccettabile è anche la scenetta che vede come protagonista la stessa Danica, che dopo essere stata spinta prima dai commissari di pista, poi dai suoi meccanici nella sua piazzola, scende dall’abitacolo e si incammina minacciosamente verso gli uomini della Penske, ma lo scontro viene evitato. Danica non si mostra tanto gentile neanche con i cronisti che la assediano durante la sua marcia respingendo i microfoni bruscamente senza proferire parola. Il suo sguardo lascia intendere l’arrabbiatura e l’amarezza per l’accaduto, ma l’ “aftermath” spiacevole poteva essere evitato e magari si poteva tentare di avere un confronto diretto con Briscoe non in maniera cosi’ plateale. Ma anche questo è il bello della diretta, e Danica è stata protagonista forzata un pò per dare “quel che è di Cesare” allo spettacolo, un pò perchè effettivamente psicologicamente provata per il fatto di essere stata scaraventata fuori dalla gara , non per colpe a lei addebitabili .

“Stavo uscendo dalla pitlane, e se sei fuori nella corsia, i meccanici delle altre squadre ti devono dare il via quando l’uscita è sicura avvisandoti. Se c’è qualcuno che sopravviene è questo che ha la precedenza, e loro devono aspettare.Il mio pensiero è che è troppo evidente quel che è successo, non sono io a dover dare spiegazioni, i miei meccanici hanno lavorato duramente oggi e per tutto il mese, e per colpe non nostre siamo fuori. Complimenti a Scott che è stato bravissimo per tutto il mese.” – la versione di una sconsolata Patrick. Di tutt’altro avviso Briscoe “Da quel che potevo vedere, c’era tanto spazio a destra per lei che avrebbe potuto sfruttare invece di lamentarsi e puntare il dito contro di noi. In gara avevamo un pedale del freno in pessimo stato, e stavo cercando di risalire dopo che eravamo precipitati in classifica” Dal replay delle immagini sembra però che la vettura numero 6 della Penske sia in torto.

La fine della gara è stata già raccontata: Dixon sorpassa Meira, Andretti fa lo stesso su Castroneves che desiste ben presto accontentandosi della quarta posizione. Il pilota della AGR ingaggia una lotta con il brasiliano della Panther Delphi, e questo avvantaggia il neozelandese. L’ultimo tentativo di avvicinarsi a Dixon arriva a cinque giri dalla fine, ma i doppiati ed il traffico consegnano su un piatto d’argento in modo definitivo la vittoria al pilota Ganassi. Un secondo e sette centesimi di vantaggio è il gap finale con Meira. Dopo i primi cinque, c’è Hunter Reay, il miglior rookie quest’anno alla 500 miglia. Un grande sforzo e determinazione per passare Mutoh a sei giri dalla fine, con il giapponese seguito da Rice , Manning, ed un ottimo Bell con la vettura numero 99 della William Rast.

Ora è Dixon al comando della classifica pilota con quindici punti di vantaggio su Castroneves che quest’anno mira ai piazzamenti important. Wheldon è terzo con 153.
Arrivederci a Milwaukee Mile, per la “Aj Foyt 225 Mile race” il primo giugno.

MN

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